Twitter. Trump riabilitato, con Musk finisce la censura politica

“Il popolo ha parlato: Donald Trump sarà riabilitato. Vox Populi, Vox Dei”. Elon Musk ha annunciato così la riammissione di Donald Trump su Twitter.

Ieri il neo proprietario del social aveva indetto un referendum della durata di 24 ore per riabilitare il tycoon, oggetto di gravi episodi di censura politica. Tra questi, appunto, anche il blocco dell’account Twitter, decisione definita “moralmente sbagliata e assolutamente stupida” dallo stesso Musk.

Ad esprimersi a sostegno dell’ex presidente USA – e nuovamente candidato alla Casa Bianca – sono stati il 51,8 per cento degli utenti, su un totale di circa 15 milioni di voti.

Il profilo di Trump è quindi tornato visibile, ma, almeno per il momento, il tycoon ha dichiarato di voler continuare ad utilizzare la piattaforma da lui stesso creata, Truth.

In ogni caso, The Donald ritorna ad avere un’importante piattaforma pubblica dove esporre le proprie idee, proposte e posizioni politiche. Finalmente, aggiungo io, si è messa la parola fine alla gravissima censura politica operata da privati a danno di un personaggio politico le cui posizioni sono di interesse pubblico.

Permane, tuttavia, ancora una grave carenza di democrazia su altre piattaforme dove Donald Trump è stato arbitrariamente bannato e, in particolar modo, mi riferisco a Facebook. D’altronde le posizioni ultra progressiste e assolutamente divisive di cui tale social è portavoce non potevano far altro che continuare quest’opera di censura di chi non è allineato al pensiero del politicamente corretto.

Rivolgo un plauso al geniale Elon Musk, che ha dato ottimi segnali per quanto riguarda la libertà di pensiero e di espressione. Nell’epoca della comunicazione, il diritto ad essere connessi è fondamentale ed il fatto che si sia ristabilito il principio per cui una società privata non può applicare censure politiche in maniera arbitraria è un segnale importantissimo.

In attesa delle prossime mosse del tycoon, quel che è certo è che questo 20 novembre 2022 sarà ricordato come una giornata storica, che ha messo fine a quella folle ideologia che vorrebbe decidere chi è libero di parlare e chi invece non lo è.

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Twitter. Musk acquisisce la società per 44 miliardi di dollari

Impegno per garantire la libertà di espressione sul social

Twitter diventerà una società privata. Il Consiglio di Amministrazione della piattaforma ha infatti raggiunto un accordo di vendita con Elon Musk per un controvalore di 54,20 dollari per azione, 44 miliardi complessivi. L’operazione dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno.

Il Ceo di Tesla, già azionista di Twitter, lo scorso 14 aprile aveva formulato una proposta di acquisto del cento per cento delle azioni del social. “La mia offerta – aveva dichiarato Musk – è la mia migliore e l’ultima. Ho investito in Twitter perché credo nel suo potenziale di piattaforma che offre libertà di parola in tutto il mondo e credo che la libertà di parola sia un imperativo sociale per una democrazia funzionante. Tuttavia, mi rendo conto che l’azienda non potrà né prosperare né servire questo imperativo nella sua forma attuale. Twitter ha bisogno di essere trasformato in una società privata“.

Concluso l’accordo, con un tweet, lo stesso Musk ha ribadito come “la libertà di parola sia alla base del funzionamento di una democrazia e Twitter sia la città digitale, la piazza in cui si dibattono le questioni vitali per il futuro dell’umanità“.

Voglio rendere Twitter migliore e arricchirlo con nuove funzionalità – ha continuato l’imprenditore – Il social ha un enorme potenziale e non vedo l’ora collaborare con l’azienda e la comunità di utenti per sbloccarlo“.

L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk rappresenta sicuramente un’ottima notizia. L’auspicio che anche i suoi “peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola” delinea, infatti, la volontà di Musk di portare un deciso cambio di passo nella gestione del social, creando una piattaforma finalmente libera dalla censura politica e ideologica, che veda la libertà di espressione come un valore e un principio non negoziabile anziché un pericoloso nemico da combattere.

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Censura. Trump chiede riattivazione profilo Twitter

Continua la battaglia di Donald Trump contro le Big Tech. Dopo l’incomprensibile censura perpetrata ai suoi danni, lo scorso luglio, durante una conferenza stampa di New Jersey, l’ex presidente USA aveva annunciato azioni legali nei confronti Facebook, Twitter e Google.

In particolare, the Donald accusa Twitter, che ne ha chiuso per sempre il profilo da 88 milioni di follower, di “esercitare un incommensurabile potere e controllo sul dibattito politico, storicamente senza precedenti e profondamente pericoloso per un dibattito democratico aperto”.

Nelle motivazioni recentemente presentate, gli avvocati di Trump sottolineano come “il Paese non può trarre vantaggio dai tentativi di sopprimere il discorso politico, ancora meno dai tentativi di mettere la museruola a personaggi politici” e chiedono che il profilo @RealDonaldTrump, divenuto importante veicolo di informazioni e notizie di carattere governativo, venga riattivato.

Una battaglia, quella dell’ex presidente USA, che condivido pienamente e che, nel mio piccolo, ho voluto portare all’attenzione del Consiglio comunale di Gorizia presentando la mozione “Salvaguardia della libertà di espressione e del diritto a essere connessi”.

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Trump. Causa a Big Tech “Censurato per motivi politici”

Oggetto di diversi gravi episodi di censura da parte di Facebook, Google e Twitter, Donald Trump non resta a guardare. Oggi il 45° Presidente degli Stati Uniti ha annunciato azioni legali nei confronti dei giganti del web.

Nel mirino di Trump non vi sono soltanto Facebook e Twitter, colpevoli, ha spiegato The Donald nel corso di una conferenza stampa in New Jersey, di “aver violato il primo emendamento della Costituzione e di aver messo a tacere le voci conservatrici”, ma anche Google, per aver diffuso fake news sul suo conto.

A sostenere l’ex Presidente nella sua battaglia personale contro i Big Tech, annunciata già nel corso di un recente comizio in Ohio, vi è l’America First Policy Institute, che “si batterà per ripristinare i diritti fondamentali di tutti gli americani e il governo che è del popolo, per il popolo e del popolo”.

Nel suo discorso, Trump ha più volte sottolineato come la censura possa colpire ciascuno di noi. Proprio su questo aspetto e sull’importanza di difendere il diritto a manifestare la propria opinione ho presentato in Consiglio comunale a Gorizia la mozione “Salvaguardia della libertà di espressione e al diritto di essere connessi.

Chi cercava di mettere a tacere Donald Trump escludendolo dai social si sbagliava. La partita è appena cominciata.

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Censura. Twitter esclude per sempre Trump dalla piattaforma

L’ex presidente già condannato per “istigazione alla violenza”

I Big Tech colpiscono ancora: nel mirino dei giganti del web c’è sempre lui, Donald Trump.

In queste ore, proprio mentre l’ex Presidente degli Stati Uniti viene processato con l’accusa di istigazione alla violenza per i fatti di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, Twitter lo rimuove per sempre dalla propria piattaforma.

Donald Trump quindi non potrà più creare un account sul social, nemmeno se volesse ricandidarsi alla presidenza degli USA. Il motivo? Lo spiega chiaramente il direttore finanziario di Twitter, Ned Segal, che dichiara: “Ricordatevi che la nostra politica ha come principio quello di garantire che non venga permesso l’incitamento alla violenza”.

Ancora una volta Twitter si erige a giudice e, senza nemmeno attendere il verdetto di Camera e Senato statunitensi, pronuncia una sentenza di condanna nei confronti dell’ex Presidente.

La tematica della censura è oggetto della mozione “Salvaguardia della libertà di espressione e al diritto di essere connessi, che ho presentato lo scorso martedì in Consiglio comunale a Gorizia.

Con questa mozione ho voluto convintamente condannare la censura che diverse società private, quali Facebook e Twitter, stanno applicando nei confronti di rappresentanti democraticamente eletti, cittadini e giornali.

Ho inoltre evidenziato come questa limitazione della libertà possa costituire un pericoloso precedente che, in futuro, potrebbe riguardare l’identità digitale di chiunque, ritenuto scomodo per le proprie idee, politiche ma non solo.

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Deplatforming. Il grande esodo (forzato) dai social

Il futuro dell’informazione potrebbe non essere aperto a tutti?

Pluralità e contraddittorio politico non sono il pane quotidiano per alcune fra le Big Tech che attualmente detengono l’oligopolio dei mass media. Da questo punto di vista il deplatforming si inserisce fra le operazioni adottate dai giganti del web (tipo Facebook, Amazon, Google, Twitter, Apple ecc.) per silenziare e rendere invisibili coloro che fanno controinformazione rispetto alla consolidata narrazione globalista, cosmopolita e immigrazionista.

La depiattaformizzazione (basta anglicismi, usiamo l’italiano che è la più bella lingua al mondo) è il termine che indica quel processo di riduzione della visibilità o di arbitraria cancellazione che alcune multinazionali perpetrano per silenziare specifici utenti, comunità di più persone o particolari categorie di contenuti all’interno di una piattaforma digitale (Facebook, Twitter, Instagram ecc.).

Non stiamo parlando di una misura applicata nei casi già previsti dalla legge e per cui è sacrosanto intervenire (istigazione a delinquere, ingiurie, lesione della dignità personale ecc.), bensì di censura totalmente discrezionale a danno di rappresentanti democraticamente eletti, quotidiani e giornali nazionali, oltreché a migliaia di utenti rei di non essere allineati al pensiero unico.

La depiattaformizzazione, che ha come unico risultato quello di favorire la polarizzazione delle opinioni contrastanti e di estremizzare le azioni di schieramenti contrapposti, risulta ancor più grave poiché crea il pericolosissimo precedente secondo cui negare il diritto ad essere connessi è una prerogativa di aziende private che possono decidere cosa è giusto dire e cose invece non lo è, chi può parlare e chi invece deve scomparire dall’etere.

Lasciando da parte il discorso di appartenenza a uno schieramento politico piuttosto che a un altro, ritengo che l’attenzione andrebbe rivolta a un quesito tanto semplice quanto fondamentale: è giusto che una società privata può decidere chi può parlare e chi no? è giusto che sia una multinazionale a tappare la bocca a un rappresentante democraticamente eletto, piuttosto che a un giornale o a una comunità di persone?

In tal senso, non regge la favola secondo cui si possono definire private delle piattaforme a cui accedono globalmente quasi tre miliardi di utenti al mese. Il carattere spiccatamente globale di tali società impone al più presto che la politica intervenga, magari attraverso una regolamentazione transnazionale, per normare tali canali di comunicazione in modo da sancirne la funzione pubblica e per metterli a servizio della collettività e non viceversa.

A parer mio, occorre agire con prontezza prima che la situazione degeneri ulteriormente. Le risorse tecnologiche rappresentano il futuro e sono certamente una ricchezza, sia per imprenditori che per le persone che le utilizzano, dovremmo perciò proteggere il diritto delle persone ad essere connesse e, soprattutto, garantire che il futuro dell’informazione sia libero e aperto a tutti.

Voi cosa ne pensate? Se vi va scrivete un commento, mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione in merito.

Chi decide cosa si può dire e non dire?

Le idee si combattono con altre idee, non con censura o violenza

Con il buio del globalismo che vorrebbe fagocitarsi il futuro, la battaglia identitaria entra in una nuova fase cruciale. Le proteste di Washington verranno ricordate come il casus belli da cui è scaturito il gravissimo attacco da parte di società private, Facebook e Twitter in primis, alla libertà di manifestazione del pensiero.

Soprattutto nell’epoca della comunicazione, tale attacco dovrebbe far riflettere circa l’aleatorietà di strumenti come i social. Infatti, quel capitale composto da informazioni, contatti, seguaci, volti, visibilità, nomi e cognomi e, soprattutto, relazioni, per cui vengono anche investite ingenti risorse e impiegati diversi anni, può essere arbitrariamente sospeso o cancellato da un momento all’altro.

È urgente prevedere un trattato internazionale per sancire che multinazionali come Facebook e Twitter hanno una funzione pubblica e non possono permettersi attacchi a un valore inalienabile come la libertà di espressione. Gli Stati europei, così come l’Unione europea, dovrebbero quanto prima intervenire in tal senso.

La politica ha il dovere di governare tali eventi, non può e non deve restare ferma a guardare limitandosi a cavalcarne l’onda che ne consegue. Pure se il rischio è di essere impopolare, resto sempre dell’opinione che “se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui”. E, se si tratta della libertà di manifestazione del pensiero, allora non ho dubbi che valga la pena di lottare!

Washington, censurare Trump non è la soluzione!

Bene la condanna e la stigmatizzazione trasversale che arriva da diversi e autorevoli intellettuali, politici e filosofi, sulla censura politica di Facebook e Twitter a #Trump.

A parer mio, occorre consapevole presa di coscienza sul tema che sarà di grandissimo rilievo per il futuro di noi tutti. Oggi è toccato al presidente degli USA, domani potrebbe essere chiunque.

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Tecnologia e show: si può ancora parlare di sport?

sportivi in azione
Tecnologia e show: si può ancora parlare di sport?

Si può ancora parlare di sport e di onestà, dialogo e rispetto dell’avversario in un’epoca di show business? Ne parlo su Socialnews, leggi l’articolo e poi scrivi il tuo pensiero nei commenti.

LEGGI: Tecnologia e show: si può ancora parlare di sport?

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Scuola Quadri Politica, Lega Nord FVG: il messaggio politico attraverso i social network

Scuola politica

Il 16 gennaio 2016 ho partecipato alla prima lezione della Scuola Quadri, la scuola di formazione politica per simpatizzanti, sostenitori e militanti, organizzata dalla Lega Nord FVG. In totale sono previste una quindicina di lezioni, distribuite nell’arco del 2016, con l’obiettivo di valorizzare le risorse interne del partito e di avvicinare le persone al complesso universo della politica.
L’ospite di questa prima lezione è stato l’esperto di new media Stefano Fantinelli (per info: www.fanti1959.com), che ha approfondito il tema del messaggio politico attraverso i social network. Continua a leggere