
Padania, secessione e 1° articolo dello statuto, oppure libertà, lavoro e futuro? Ieri sul pratone di Pontida si sono affrontate le due anime della Lega Nord, ed è stato un confronto epocale, senza esclusione di colpi. Vi racconto la mia Pontida, con le impressioni e le foto più significative della giornata.
Pontida 2016, l’occasione è storica, sul “sacro suolo” si festeggiano i vent’anni della Padania. Ne è perfettamente consapevole la vecchia guardia del popolo leghista, più agguerrita e spavalda di sempre. Difatti, è bastato qualche minuto per accorgermi di essere stato catapultato indietro nel tempo, più o meno di vent’anni. Attorno a me, fra le corna vichinghe e le tantissime bandiere, oltre ad alcuni striscioni dedicati all'”I-talia di merda” e alla “secessione”, anche un paio di brutti graffiti sui muri, degni dei più beceri frequentatori dei centri sociali, con scritto “terroni di merda, w Bossi” oppure “Padania libera”. Non mi scoraggio, d’altro canto mi trovo nel bel mezzo della “Woodstock” in salsa leghista e in quanto blogger, ma soprattutto militante, non posso fermarmi a questi primi rigurgiti di inciviltà.
Così inizio ad addentrarmi fra la folla che occupa il prato, per terra c’è un mezzo pantano dovuto alla pioggia dei giorni precedenti ma non me ne preoccupo, per fortuna indosso i miei fedeli scarponi da montagna e posso camminare senza difficoltà. Nel frattempo si susseguono veloci gli interventi della giornata, è ancora presto e i big del carroccio saliranno sul palco soltanto tra un’oretta abbondante. Ne approfitto per fare un giro fra gli stand allestiti dai militanti e per scattare qualche fotografia. Fra una cosa e l’altra, mi ritrovo in cima alla collina che sovrasta il grande prato per le manifestazioni di Pontida, scatto qualche foto e ascolto con attenzione il comizio di Massimiliano Fedriga, poi ricomincio a scendere.
L’atmosfera non è rilassata, alcuni fra i militanti leghisti vogliono sentir parlare di Padania e di secessione. Urlano e sbraitano che brucerebbero il tricolore. Mi sembra di vivere in un’altra epoca rispetto a queste persone. Da lì a poco fa l’ingresso sul campo un grosso striscione, sorretto da quattro o cinque individui, la scritta è eloquente “I-talia di merda secessione”. Lo ammetto, a questo punto nella mia testa alcune domane hanno iniziato a fare capolino: “il mondialismo ci sta fagocitando e ancora si parla di secessione?”, “mentre i popoli europei vengono sostituiti da orde di extracomunitari, il problema sono i terroni e il sud Italia?” e ancora “cosa ci faccio in mezzo a queste persone?”.
Come un raggio di luce nel mezzo di tanta oscurità, dal palco ha iniziato a parlare Lorenzo Fontana. Ascolto concentrato le sue parole: “viviamo una guerra fra le forze mondialiste e quelle identitarie, le prime favoriscono le grandi multinazionali, il grande capitale e l’omologazione, mentre le altre, come la nostra, difendono le piccole e medie imprese, la famiglia naturale, i nostri territori, le nostre tradizioni e identità”. Applaudo l’intervento, e con me tante altre persone che ho attorno. Sono sollevato, qualcuno ha dato voce a istanze concrete e ha affrontato problematiche reali che riguardano milioni di cittadini europei.
Seguono un paio di interventi, poi arriva il momento di Bossi, lo ascolto mentre parla: “secessione, Italia di merda, la Lega non è più né carne né pesce”. Alcune persone che ho attorno gli danno ragione, altre scuotono la testa in segno di disapprovazione. Per quanto mi riguarda, penso soltanto che ha dimenticato il gran lavoro svolto da Matteo Salvini. Ma tant’è, il Senatur sferra l’ultimo attacco, il più potente: “a volte i dirigenti di un movimento devono essere richiamati dai veri proprietari, i militanti”. Una frase che si addice più a lui che a Salvini, ma l’anzianità e la paternità del movimento gli danno ragione.
Intanto cambiano oratori sul palco. Sono Zaia e Maroni, li ascolto da lontano, nel frattempo continuo a spostarmi sul grande prato di Pontida, sono in cerca di momenti da immortalare. Niente di fatto, non fotografo nulla di decente, mi riavvicino al palco. Attorno ai due governatori ci sono tutti i loro assessori e i consiglieri che formano le due squadre di governo. Sia Bobo che il Doge sono concreti, le esperienze di buon governo in Lombardia e Veneto parlano per loro.
Finalmente arriva Salvini sul palco di Pontida. Sono curioso, mi aspetto un Matteo capace di controbattere a tutte le provocazioni che ha incassato. Parte subito forte, ricorda Gianluca Buonanno, il popolo di Pontida applaude forte e abbraccia la mamma di Gianluca, anche lei presente sul palco. Poi l’audio messaggio del sindaco di Amatrice, applausi. Poi sento bordate di fischi, sono per Gad Lerner, non ha resistito, come accadde per la manifestazione in Piazza del Popolo a Roma, anche questa volta è venuto a provocare. Per fortuna, a parte i fischi, nulla di più.
La prima stoccata di Salvini arriva poco dopo: “è un po’ come con la nazionale di calcio, anche qua ci sono un po’ di segretari federali in giro che hanno la soluzione di tutti i problemi”. Esulto, questo è il Matteo che mi piace. E lui continua, ha qualche sassolino nella scarpa da togliersi e lo fa con grande stile: “se qualcuno nella Lega pensa di tornare a un partitino che prende il 4%, si sbaglia alla grande” e aggiunge “noi accordi al ribasso non li faremo con nessuno, non voglio tornare al 4% per eleggere venti parlamentari di cui non me ne faccio un cazzo”. Messaggio forte e chiaro, la gente esulta e io assieme a loro, siamo tutti con Matteo.
Continuo ad ascoltare il comizio di Matteo, finalmente tocca i punti critici della società in cui viviamo. Bene, benissimo, finalmente sento parlare di commercio, agricoltura, pesca, sovranità monetaria e di libertà. Una ventata di aria fresca e buon senso in mezzo a tanti slogan superati, che sapevano di vecchio e di stantio.
Mi guardo attorno, osservo le facce delle persone mentre il comizio di Salvini va avanti. Lui è bravissimo, parla a braccio senza mai fermarsi, una vera e propria macchina da guerra. Risponde a tono a tutti, rivendica le alleanze fatte in Europa, parla di Gianfranco Miglio, della globalizzazione che sta trasformando il nostro splendido Paese in un enorme centro commerciale che non produce più niente, dove le fabbriche chiudono e si vendono le arance del Marocco, il riso della Birmania, l’olio della Tunisia, le auto tedesche e le magliette del Bangladesh. Quindi conclude: “noi vogliamo mangiare le arance siciliane, usare l’olio calabrese o del Garda, mangiare il riso della Lomellina”, finalmente sento parlare di amore per le diversità di questo Paese, per quello che ci ha resi unici al mondo e donato la grande forza di cui, da sempre, disponiamo.
Futuro è anche cambiamento, le proposte sono chiare, non perde tempo Matteo. Condivido il suo pensiero quando parla del presidente della Repubblica eletto dai cittadini, del vincolo di mandato per i deputati o della possibilità di indire referendum anche sui trattati europei e internazionali.
Finito il comizio, ho mezz’ora di tempo prima che parta la corriera del ritorno. Faccio un ultimo giro sul prato di Pontida, scatto le ultime foto e poi il rientro verso casa. Durante il viaggio di ritorno ho tempo di riflettere su quanto appena visto e sentito. Senz’altro una Pontida bellissima, più appassionante di quella dello scorso anno e che mi ha chiarito le idee e dato nuovo spirito per affrontare le battaglie più importanti dei prossimi mesi. Su tutte, la campagna per votare No al referendum costituzionale. Non ho rimpianti, dubbi o incertezze, Matteo ha parlato chiaro e finché potrò, farò del mio meglio per il bene delle persone a cui voglio bene e per gli ideali in cui credo.
A questo punto tocca a voi, lasciate un commento con il vostro pensiero su quanto avete letto. Per me è fondamentale sapere quali sono le vostre opinioni. In più, se vi è piaciuto, condividete l’articolo con tutti i vostri amici, ve ne sarò veramente grato.
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Ognuno ha le sue contraddizioni, ma con tutta la vuona volontà non capisco come fate a far convivere l’I-talia-di-merda e il nazionalismo d’assalto, la poltrona a Roma e la lotta a Roma-ladrona, fare la parte di chi lotta contro i poteri-forti e scodinzolare davanti ai miliardari americani e al contempo sfruttare i poveracci. Magari me lo spieghi, chissà. O forse ve lo spiego io.
Ah beninteso, non mi aspetto mica che il commento sia pubblicato, anche se magari lo sarà dopo questa aggiunta 😉
Ciao Marco, non temere, i commenti li approvo sempre tutti, fatta eccezione per lo spam. Per quanto mi riguarda, la risposta alla tua domanda l’ho già scritta nella parte conclusiva dell’articolo, te la riporto: “Matteo ha parlato chiaro e finché potrò, farò del mio meglio per il bene delle persone a cui voglio bene e per gli ideali in cui credo”. Con questo ti ringrazio per aver scritto i tuoi pensieri, un saluto.