Gorizia. Palazzo Attems Santa Croce, storia e architettura

Storia del Palazzo del Comune

Il Settecento fu un secolo molto importante e prospero per la città di Gorizia che divenne il centro della vita mondana, culturale ed economico-politica delle più importanti famiglie dell’Impero. Nel 1740 sul disegno dell’architetto Nicolò Pacassi (1716-1790), all’epoca ventiquattrenne, venne edificato Palazzo Attems Santa Croce. Fu il primo palazzo realizzato dall’architetto per gli Attems, loro dimora fino 1802, quando passò in mano alla contessa Della Torre in seguito ad una infausta puntata ai dadi.

In quel periodo era comune tra i nobili riunirsi in circoli o in società, a scopo politico o semplicemente per trascorrere il tempo libero. A fare da cornice a questi ritrovi erano spesso le eleganti dimore nobiliari degli stessi appartenenti al circolo e il futuro palazzo comunale non fu da meno. Dalle iscrizioni sugli Statuti si evince infatti che Palazzo Attems ospitò “la Nobile Società dei Cavalieri di Diana Cacciatrice e la Colonia Accademica degli Arcadi Romano-Sonziaci”, alla quale prese parte anche il librettista di Mozart, Lorenzo da Ponte. Dal 1795 al 1802 alcune sale del palazzo furono adibite a “Casino Nobile” un circolo privato riservato alla nobiltà Isontina: fu proprio qui che il conte Attems perse ai dadi lo stabile che passò ai Torriani.

Nel 1797 vi soggiornò anche Gioachino Murat, cognato di Napoleone, suo generale e futuro Re di Napoli. Nel 1825 giunsero in città e vi alloggiarono, ospiti dei Ritter, l’imperatore Francesco I d’Austria con la moglie Caterina Augusta.

Struttura dell’edificio e le modifiche nel tempo

Dell’edificio originale di piazza Municipio, oltre ai balconi sulla strada, rimangono solamente la loggia ionica sul giardino e la doppia scalinata di ispirazione veneta che porta al primo piano. L’edificio fu di fatto modificato dal nuovo proprietario Johann Christoph Ritter poco dopo il suo acquisto nel 1823.

Palazzo Attems Santa Croce, nel progetto originario, era strutturato secondo la logica palladiana: disposto ortogonalmente rispetto alla simmetria della facciata, aveva una pianta tripartita che contava, al primo piano, un salone per le feste e i ricevimenti. Il piano terra era costruito con un adrone che collegava la piazzetta Santa Croce alla corte interna e al parco, attraverso cui si sviluppava un passaggio pubblico utilizzato fino agli anni ‘30.

Dopo le modifiche di Ritter, il palazzo assume uno stile neoclassico, più confacente alla nuova classe sociale dei ricchi borghesi ed imprenditori emergenti. Vengono utilizzate forme architettoniche che ricordano figure geometriche semplici, tra le quali spicca il triangolo, a sottolineare l’autorevolezza e l’austerità di chi abitava l’edificio in confronto con il frivolo roccocò, adatto alla nobiltà settecentesca.

Oltre alla ricostruzione completa dello stabile si provvede anche alla costruzione di una nuova ala sinistra della corte interna e alla sistemazione del parco “all’inglese” con la realizzazione di una collinetta artificiale sovrastata da un belvedere di cui oggi rimane, tuttavia, solo il tempietto con colonne doriche nell’aiuola circolare nel mezzo della corte d’onore.

Nel mese di dicembre del 1907 il Consiglio Comunale di Gorizia prese in considerazione l’ipotesi di acquistare il Palazzo, gli annessi fabbricati rurali ed un parco di oltre due ettari per trasferirvi gli uffici municipali e dare così alla città di Gorizia una sede comunale di prestigio.

Dopo l’acquisto, gli uffici amministrativi vennero spostati nella nuova sede già l’anno successivo, mentre per l’attività del Consiglio Comunale fu mantenuto il palazzo di Corso Verdi fino alla realizzazione di una nuova ala, posta alla destra della corte interna dell’attuale Municipio, progettata dall’ingegner Renato Fornasari nel 1965. Nel 1957 venne ultimata l’ala sinistra per sistemarvi gli uffici anagrafici e tecnici che fino ad allora erano situati sul retro della Chiesa di Sant’Ignazio.

Subito dopo la prima guerra mondiale, sotto la direzione dell’ingegner Riccardo Del Neri, vennero rifatti la facciata e l’androne d’ingresso con nuovi rivestimenti in travertino e marmo di Aurisina e si realizzano nuovi accessi al vano scala. Vennero inoltre ridipinti gli interni al primo piano, dove, attualmente, del progetto originale rimane solo il parquet della Sala Bianca.

Il parco comunale

La storia del parco comunale si intreccia con quella dell’espansione urbanistica europea del XIX secolo, quando gli spazi verdi della città si sviluppavano quasi di pari passo con l’evoluzione politica e sociale della popolazione urbana.

Non tutti i tipi di giardini infatti erano uguali: alcuni erano costruiti per ospitarvi i ceti sfavoriti, come area di riposo per gli anziani o di gioco per i più piccoli, mentre altri erano veri e propri parchi che facevano da contorno alle ville di famiglia dei ricci borghesi.

A questa seconda categoria apparteneva anche il parco di Palazzo Attems fino al 1908, anno in cui diventò comunale (come altre aree verdi della città) a seguito di una donazione da parte dei ricchi cittadini.

La prima documentazione, rilevata dalla mappa del catasto austriaco, è del 1818: il parco occupava una superficie rettangolare alle spalle del Palazzo ed era costruito sul modello del giardino all’ italiana con la suddivisione in aiuole di forme geometriche. Il parterre era composto da aiuole circolari a settori, seguite da altre aiuole di forma quadrata o romboidale, che terminavano con piante disposte irregolarmente e denominate come “boschetti all’inglese”.

Nel 1820 la proprietà viene acquistata da Gian Cristoforo Ritter e il giardino diventa un ben più ampio parco completato da “un ampio terreno trattato a giardino ricco di piante esotiche”, come lo definisce una guida cittadina risalente a metà dell’Ottocento.

Nel nuovo impianto scompaiono le aiuole geometriche per fare spazio a sentieri curvi che circondano prati e boschetti irregolari, di influenza romantica. Viene però conservata la prospettiva settecentesca corrispondente all’ingresso del palazzo su piazza Municipio, l’atrio e la loggia per arrivare fino al lato opposto.

Per quanto riguarda le specie botaniche presenti, dall’Ottocento spicca la sequoia donata dal fedelmaresciallo Gyulai. Si vocifera che nel parco fossero conservate anche specie floreali pregiate contenute in vasi all’interno di strutture chiuse e non riscaldate dove le piante si adattavano alla vita artificiale.

L’entità esatta è ricavabile dal contratto preliminare del 1907, nel quale viene citato “il giardino con la grande serra e con la casettina”. Alcuni anni dopo, si rilevano anche il platano davanti alla palazzina e gli ippocastani vicino all’ingresso di via Cappuccini.

Il passaggio del parco a patrimonio pubblico ne determina una notevole riduzione della superficie, in quanto l’area viene notevolmente ridimensionata per fare spazio a nuove palazzine che diventeranno poi edifici pubblici.

Grazie alla lungimiranza della collettività e dell’amministrazione cittadina, all’inizio del Novecento si inizia a delineare un primo embrione di politica ambientale, che vede nell’ampliamento del verde pubblico una risorsa non solo per la bellezza della città ma anche per la salute dei cittadini.

Con il passare dei decenni e il progresso delle idee politiche e sociali, l’importanza assunta dalle aree verdi nell’urbanistica cittadina cresce a dismisura tanto che vengono messi in atto, dalle stesse pubbliche amministrazioni, servizi vivaistici per la conservazione e lo sviluppo delle aree pubbliche cittadine.

Personalmente ritengo che il municipio sia la casa dei cittadini e rappresenti lo specchio della città, per questo è importante che sia un edificio accessibile e all’avanguardia, dotato di servizi multimediali, a emissioni zero. L’auspicio per il prossimo futuro è che si possano portare avanti significativi interventi di adeguamento del Palazzo e di valorizzazione dell’importante patrimonio culturale e artistico che lo stesso racchiude.

Cosa ne pensate? Fatemelo sapere con un commento, sarò felice di rispondervi.

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