Giorno del Ricordo. Storia di un dramma a lungo negato

Il 10 febbraio si celebra il Giorno del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 2004 per commemorare le migliaia di italiani vittime dei massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata.

L’esodo giuliano-dalmata

Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, le forze comuniste di Josip Broz detto Tito, che già avevano preso il controllo nei territori di Slovenia e Croazia, fecero esplodere tutta la loro violenza nei confronti degli abitanti di nazionalità italiana. Affermavano di agire così per vendicarsi delle violenze fasciste e per l’italianizzazione forzata, perpetuata con metodi violenti e discutibili.

Con la definitiva caduta del Terzo Reich, nel 1945, Tito occupò l’Istria, la Dalmazia e una parte del Friuli Venezia Giulia e si accanì ancora una volta nei confronti degli italiani.

Attraverso il trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, la Jugoslavia ottenne l’Istria, Fiume, Zara e la Dalmazia e iniziò il periodo della “gestione” degli italiani su quei territori.

Tito puntava ad un’integrazione dei soli italiani ritenuti meritevoli. Coloro che appartenevano a determinate classi sociali o erano contrari all’annessione dovevano essere espulsi, in quanto immeritevoli e non integrabili allo Stato jugoslavo. Per queste persone iniziò un lungo e tragico esodo, con la speranza di allontanarsi da un clima di terrore e trovare condizioni di vita migliori.
Gli esuli arrivati in Italia non vennero accolti nel migliore dei modi: furono stivati in campi profughi allestiti all’interno di vecchie caserme e costretti a sopportare il clima ostile dei connazionali.

Il treno della vergogna

Particolarmente noto è l’episodio del treno della vergogna. Alcuni esuli di Pola, sbarcati ad Ancona, furono oggetto di atteggiamenti ostili da parte degli abitanti del posto, convinti si trattasse di fascisti in fuga. Dopo l’intervento dei militari, il viaggio proseguì a bordo di un treno merci.

Presso la stazione di Bologna la Croce Rossa Italiana e la Pontifica Opera di Assistenza avevano predisposto un pasto caldo, ma la sosta saltò a causa di una sassata contro i convogli organizzata dai ferrovieri comunisti per impedire la fermata in stazione del cosiddetto ‘treno dei fascisti’.

Il treno fu quindi costretto a ripartire per Parma, dove finalmente i profughi, tra i quali tanti anziani e bambini, riuscirono a ricevere assistenza e qualche pasto prima di raggiungere definitivamente La Spezia.

Le foibe

Monumento della Foiba di Basovizza

Le foibe sono insenature naturali costituite da cavità verticali presenti in Istria e Friuli Venezia Giulia, che si restringono scendendo in profondità per poi richiudersi e riallargarsi in un bacino, una forma che rende difficoltosa sia la salita che eventuali soccorsi.

Il processo di eliminazione messo in atto dai partigiani comunisti di Tito si svolgeva in modo atroce. I condannati venivano legati uno all’altro, con fili di ferro attorno ai polsi. I primi della cordata erano oggetto di una raffica di colpi e, precipitando nella cavità, trascinavano anche gli altri ancora vivi.
Tristemente note sono le foibe di Basovizza e Monrupino, in provincia di Trieste, diventate oggi monumento nazionale.

Purtroppo per moltissimo tempo si è assistito a fenomeni di negazionismo e riduzionismo delle foibe, in base alle tesi di esponenti del movimento di liberazione jugoslavo e del governo comunista di Belgrado, che consideravano il fenomeno come atto di giustizia nei confronti di crimini di guerra.

I numeri

Come sostengono molti storici, si creò una vera e propria pulizia etnica, alla quale riuscirono a sfuggire tra le 250 e le 350 mila persone negli anni tra il 1945 e il 1956. Prigionia, lavori forzati e morte nelle foibe coinvolsero invece tra le 4.000 e 5.000 persone, secondo una stima ancora approssimativa. 

Il ricordo di Gorizia

Gorizia ricorda i deportati

Gorizia ricorda le diverse centinaia di concittadini deportati durante i 40 giorni di occupazione jugoslava del maggio 1945 con un lapidario nel Parco Della Rimembranza. E’ stata inoltre intitolata una Via a Norma Cossetto, studentessa uccisa e torturata dai partigiani comunisti il 5 ottobre del 1943, divenuta simbolo delle violenze di regime nascoste per troppo tempo e che non devono essere più dimenticate.

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