
Big Tech nuovamente al centro della scena politica americana. Dopo i diversi episodi di censura operati nei confronti dell’ex Presidente Donald Trump, escluso a vita da Twitter e almeno fino al 2023 da Facebook, il dibattito si concentra ora sullo strapotere economico delle grandi compagnie del digitale.
Recentemente, infatti, alla Camera sono stati presentati 5 disegni di legge, che mirano a limitare il monopolio dei giganti del web tra cui Amazon, Facebook, Google, Apple.
Nel dettaglio, in base a due tra questi disegni, una determinata compagnia non potrebbe utilizzare la propria piattaforma per avvantaggiare i priori prodotti a discapito di quelli dei concorrenti né pubblicizzare in via preferenziale i servizi offerti da imprese dalla stessa controllate rispetto agli altri.
Altri due disegni di legge sono volti rispettivamente a limitare le acquisizioni, da parte dei Big Tech, di aziende concorrenti e ad incrementare i costi di fusione tra le aziende tecnologiche. L’ultimo, infine, mira a semplificare la riacquisizione, per gli utenti delle piattaforme digitali, dei propri dati personali.
Ormai da diversi anni, e ancor di più in questo periodo di crisi dovuto alla pandemia, stiamo assistendo all’incremento del potere delle grandi aziende del web e alla chiusura di moltissime attività locali che danno lavoro alle nostre famiglie.
I disegni di legge presentati alla Camera degli Stati Uniti, se approvati, sarebbero, insieme all’aliquota minima globale al 15% di cui si è trattato allo scorso G7, sicuramente un importante passo per garantire il rispetto della concorrenza. Ritengo però che ciò non sia sufficiente, in quanto, ad esempio, sarebbe auspicabile che le risorse ricavate dalla tassazione dei Big Tech rimangano a disposizione dei territori in cui sono maturate, al fine di sostenere le attività di prossimità.
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