
Settantotto anni fa gli Alleati abbattevano il cancello del campo di sterminio di Auschwitz, mostrando per la prima volta al mondo la realtà del genocidio. Le truppe dell’Armata Rossa liberarono i circa otto mila prigionieri ancora presenti, tra i resti delle strutture fatte esplodere dalle SS per eliminare le prove delle atrocità commesse.
Nel 2005, con la risoluzione n. 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fu istituita la Giornata della Memoria, che ricorre il 27 gennaio.
Nel nostro Paese, in particolare, il Giorno della Memoria fu istituito con una legge del luglio 2000, al fine di ricordare tutti gli italiani che hanno subito la deportazione e coloro che si sono opposti al progetto di sterminio.

Teatro delle atrocità dell’Olocausto fu anche la Risiera di San Sabba a Trieste, unico campo di sterminio in Italia, diventato Monumento Nazionale nel 1965 e Museo Civico nel 1975. L’edificio, in cui furono uccise tra le tremila e le cinquemila persone, fu utilizzato anche come centro di smistamento dei deportati diretti in Germania e Polonia e deposito dei beni razziati.
Sono diversi i monumenti dedicati alla Memoria dislocati sul territorio regionale. Gorizia, in particolare, ricorda le vittime della violenza nazista con un monumento nel Piazzale Martiri della Libertà.

Di forte impatto emotivo e visivo sono le pietre d’inciampo, piccoli blocchi quadrati posti davanti alle case in cui è stata registrata l’ultima residenza dei deportati, con l’obiettivo di mantenere vivo il ricordo di queste persone, contro ogni forma di negazionismo ed oblio.
Le prime pietre risalgono al 1995 ad opera di Gunter Demnig, che spiegò la propria idea citando un passo del Talmud – uno dei testi sacri dell’ebraismo: “Una persona viene dimenticata solo quando viene dimenticato anche il suo nome”.
A Gorizia troviamo 27 pietre d’inciampo, promosse dall’associazione “Amici di Israele” con il patrocinio del Comune. Entro il 2025 verrà completato l’iter per creare così un percorso della memoria, anche transfrontaliero, con il cimitero di Valdirose.
Il dovere di non dimenticare l’orrore dello sterminio e le sue tante vittime è stato ben espresso da Primo Levi, che visse la prigionia in prima persona: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono di nuovo essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Trasmettere questa consapevolezza anche alle più giovani generazioni è doveroso, affinché questa pagina di storia non si ripeta mai più.
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